giovedì 2 settembre 2010

Il Paradosso del Risparmio di Keynes

(aggiornato il 9 settembre 2010)

Una concezione popolare dice che, se la gente smette di spendere soldi e comincia a tenerli, come si suol dire, “sotto il materasso” [1], questo porterà l’economia in recessione e, in particolare, provocherà un’ondata di disoccupazione. Il ragionamento è questo:
(1) Se la gente improvvisamente comincia a spendere meno di prima, cioè a tenere più soldi di prima “sotto il materasso”, allora i business (le imprese, i negozi, ecc) nel complesso vedranno diminuire le proprie entrate, per cui dovranno ridurre le proprie uscite oppure chiudere bottega. Qualunque di queste due cose scelgano di fare, la disoccupazione aumenterà. Infatti, se chiudono bottega, la disoccupazione aumenterà per definizione. Se invece riducono le proprie uscite, anche in questo caso la disoccupazione aumenterà, per la ragione che segue. In teoria, per ridurre le proprie uscite ci sono (almeno) due modi: ridurre i salari o licenziare del personale. Ma in pratica ridurre i salari non è possibile, perché i salari sono rigidi verso il basso nel breve periodo (ad esempio perché i sindacati convincono i lavoratori a non accettare ribassi di salario; o perché lo Stato impone un salario minimo; o perché i contratti di lavoro sono a lungo termine e non possono essere modificati prima che scadano); quindi, di fatto, i business reagiranno licenziando una parte del personale. Queste persone licenziate, trovandosi senza lavoro, spenderanno ancora meno, il che a sua volta produrrà una ulteriore riduzione delle entrate dei business, il che produrrà una ulteriore ondata di licenziamenti, e così via, in una spirale auto-alimentante.

Riassumendo, e saltando i passaggi intermedi, l’argomento afferma che
(2) Se la gente spende meno, e i salari sono rigidi verso il basso, la disoccupazione aumenta.

Nota: Questo argomento è stato popolarizzato da Keynes, che lo chiamava “Paradosso del risparmio”. Keynes ne traeva la conclusione che, se la gente spende meno, il governo deve spendere di più, per impedire una crisi caratterizzata da alta disoccupazione. (Viene da chiedere perché non concludesse che il governo debba eliminare le rigidità dei salari, ma questo è un altro discorso.) Sulla scia di Keynes, oggi la maggior parte della gente crede che, se il denaro “circola”, ciò “mette in moto” l’economia, e che, se invece la gente non spende, l’economia “si arresta” o “ristagna”.

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Nota: a volte l’argomento (2) viene espresso nella forma

(3) Se la domanda aggregata diminuisce, e i salari sono rigidi verso il basso, questo produrrà un aumento della disoccupazione.

Questa formulazione è equivalente alla (2), perché dire “la domanda aggregata diminuisce” è come dire “la gente complessivamente spende meno”. Io per semplicità eviterò il termine “domanda aggregata” e continuerò a dire “la gente spende meno”.

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Ricapitolando, l’argomento (2) dice che, se la gente spende meno, la disoccupazione aumenterà. Ma questo argomento è vero o è falso?

Sebbene l’argomento sia accettato da molti economisti eminenti tra cui Hayek (che chiama il fenomeno “depressione secondaria”), ho sempre avuto la sensazione che l’argomento fosse sbagliato. Cercherò quindi di spiegare dov’è secondo me l’errore nel ragionamento keynesiano (esposto al punto 1).

Prima di tutto esploriamo i vari significati della tesi keynesiana (2). Ci sono solo due cose che posso fare con i miei soldi: o li spendo, o li conservo (cioè li “tengo sotto il materasso”, come si suol dire). Quindi, la tesi keynesiana (2) si può riscrivere in modo equivalente così:

(4) TESI: se la gente conserva più soldi di prima “sotto il materasso”, e i salari sono rigidi verso il basso, la disoccupazione aumenta.

Ora, dire che la gente vuole conservare più soldi di prima è come dire che è più riluttante di prima a separarsi dai soldi. Cioè, per separarsi dalla stessa quantità di soldi, la gente ora chiederà in cambio più di quello che chiedeva prima. O (equivalentemente) per ottenere la stessa quantità di soldi, ora la gente offrirà in cambio più di quello che offriva prima. Tutto questo equivale a dire che, per la gente, i soldi hanno maggior valore di prima. Quindi la tesi keynesiana (4) si riscrive in modo equivalente così:

(5) TESI: se per la gente i soldi hanno maggior valore di prima, e i salari sono rigidi verso il basso, questo produrrà un aumento della disoccupazione.

E’ importante capire cosa significa che “i soldi hanno maggior valore di prima”, sia dal punto di vista dei venditori che degli acquirenti. Dal punto di vista dell’acquirente, significa che sono più riluttanti a separarsi dai soldi, cioè:
  • (6) se per me i soldi hanno maggior valore di prima, allora, per convincermi a pagarti quello che ti pagavo prima, ora dovrai darmi più beni e servizi di prima.
  • (7) O equivalentemente: se per me i soldi hanno maggior valore di prima, allora, per avere la stessa quantità di beni e servizi che avevo prima, ora sono disposto a pagare meno di prima.

Dal punto di vista del venditore, significa che i venditori sono più desiderosi di ottenere soldi, cioè:

  • (8) se per me i soldi hanno maggior valore di prima, allora sarò disposto a offrire più beni e servizi di prima in cambio della stessa cifra che ricevevo prima;
  • (9) O equivalentemente: se per me i soldi hanno maggior valore di prima, allora sono disposto ad offrire la stessa quantità di beni e servizi che offrivo prima in cambio di meno soldi di prima.

Il fatto che i soldi hanno maggior valore si può esprimere in modo equivalente dicendo che è aumentata “la domanda di moneta”. Vediamo perché. Definiamo prima di tutto il concetto di “domanda di moneta”:
(10) Definizione: La mia “domanda di moneta” è ciò che io sono disposto a offrire in cambio di una data quantità di moneta.
In particolare, se io sono disposto a offrire più di prima per ottenere la stessa quantità di moneta di prima, diciamo che la mia domanda di moneta è aumentata. D'altra parte, se io sono disposto a offire più di prima per quei soldi, significa che i soldi per me hanno maggior valore. Quindi, dire "i soldi hanno maggior valore" è come dire "la mia domanda di moneta è aumentata". Quindi la (9) si può riscrivere così:
(11) Se la mia domanda di moneta aumenta, allora sono disposto ad offrire la stessa quantità di beni e servizi che offrivo prima in cambio di meno soldi di prima.
Una legge logica elementare dice che
(A ⇒ B) (⌉B ⇒ ⌉A)

oppure, a parole,

(A implica B) equivale a (non-B implica non-A)

Quindi la (11) si può riscrivere così:
(12) se io non sono disposto a offrire la stessa quantità di beni e servizi che offrivo prima in cambio di meno soldi di prima, allora la mia domanda di moneta non è aumentata.
Questo si può esprimere sinteticamente così:

(13) se la mia offerta di lavoro non è aumentata, allora la mia domanda di moneta non è aumentata.

Per adesso mettiamo da parte questo risultato e torniamo alla (5). Ora che abbiamo definito la domanda di moneta (punto 10), la tesi keynesiana (5) si può riscrivere in forma equivalente così:
(14) TESI: se aumenta la domanda di moneta della gente, e i salari sono rigidi verso il basso, la disoccupazione aumenta.
In seguito faremo vedere che la tesi (14) è falsa. Prima di farlo, analizziamo le conseguenze di un aumento di domanda di moneta.

Supponiamo che sia aumentata la domanda di moneta. Allora, come abbiamo detto, i datori di lavoro saranno più riluttanti a separarsi dalla moneta. Cioè, per acquistare la stessa quantità di lavoro di prima, saranno disposti a pagare meno di prima. O, equivalentemente, se il salario resta lo stesso di prima, i datori di lavoro vorranno acquistare meno ore di lavoro di prima.

Quindi, o i datori di lavoro mantengono lo stesso salario ma acquistano meno ore di lavoro, o mantengono le stesse ore di lavoro ma riducono il salario ai dipendenti, o una combinazione delle due cose. Questo si può esprimere graficamente:



Il grafico va letto in questo modo: i datori di lavoro, adesso, sono più riluttanti a separarsi dai soldi. Cioè, ad ogni dato salario, vogliono acquistare meno ore di lavoro di prima. Quindi la curva della “domanda di lavoro” si sposta verso il basso, passando da D a D’, come mostrato dalla figura. Cioè, la domanda di lavoro diminuisce.

E’ importante capire che, finora, noi non sappiamo cosa succederà all’occupazione: non sappiamo se i datori di lavoro ridurranno il salario acquistando lo stesso numero di ore di lavoro di prima, oppure manterranno lo stesso salario ma acquisteranno meno ore di lavoro di prima (cioè licenzieranno qualcuno). Nel secondo caso la disoccupazione aumenterà, nel primo caso no. Per sapere quale dei due esiti si verificherà, dobbiamo sapere come cambia l’offerta di lavoro da parte dei dipendenti, e dove questa curva interseca la domanda di lavoro.

Parliamo quindi dell’offerta di lavoro. Cosa sappiamo? Per ipotesi sappiamo che per i dipendenti è aumentata la domanda di moneta. Cioè, per avere la stessa quantità di moneta di prima, saranno disposti a offrire più lavoro di prima. O, equivalentemente, per lavorare la stessa quantità di prima, saranno disposti ad accettare meno soldi di prima. Graficamente:


Il grafico si legge così: per ogni dato salario, i lavoratori sono disposti ad offrire più lavoro di prima. Quindi la curva dell’offerta di lavoro si sposta verso l’alto. Cioè l’offerta di lavoro aumenta.

Quello che succederà all’occupazione dipende dall’intersezione delle due curve (domanda di lavoro e offerta di lavoro). Sovrapponendo le due curve, si vede che il salario diminuisce ma le ore di lavoro restano invariate:

Dato che l’offerta è aumentata e la domanda è diminuita, le ore di lavoro non cambiano, cioè non c’è un aumento della disoccupazione. L’unica cosa che cambia è il salario, che è diminuito, da S ad S’.

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Quello che non dobbiamo dimenticare è che, a fronte della diminuzione della domanda di lavoro, c’è stato un aumento dell’offerta di lavoro. Le due curve non sono indipendenti, bensì sono indissolubilmente collegate tra loro: se si spostano, si devono spostare entrambi di pari passo in direzioni opposte, perché i loro spostamenti derivano dalla stessa causa, cioè da un aumento generalizzato della domanda di moneta (cioè del valore dei soldi per la gente). In parole povere: se il valore dei soldi aumenta, è vero che io sarò più riluttante a cedere soldi in cambio di lavoro, ma tu sarai più disposto a cedere lavoro in cambio di soldi. Quindi le curve si spostano assieme, in direzioni opposte, e la quantità complessiva di ore di lavoro non diminuisce; cioè, l’occupazione non diminuisce.

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Ed ora arriviamo alla tesi keynesiana (14), che afferma che questa analisi è corretta solo in assenza di rigidità salariali. Se però aggiungiamo l'ipotesi che i salari sono rigidi verso il basso (ad esempio a causa di sindacati, salario minimo statale, contratti a lunga scadenza, o altri fattori), secondo Keynes seguirà un aumento della disoccupazione.

Cerchiamo quindi di dimostrare che tesi keynesiana (14) è falsa. Procediamo per assurdo. La traccia della dimostrazione è: supponiamo che i salari siano rigidi verso il basso, e facciamo vedere che il ragionamento keynesiano produce una contraddizione.

Dimostrazione. Supponiamo che diminuisca la domanda di moneta. Supponiamo anche che i salari siano rigidi verso il basso. Questo significa che l'opzione di diminuire i salari non è disponibile. Questo significa che i dipendenti non offrono la stessa quantità di lavoro di prima per un salario minore di prima (poiché non posso offrire ciò che non è disponibile). Questo è come dire che l'offerta di lavoro non è aumentata. Questo (vedi punto 13) implica che la domanda di moneta non è aumentata. E questo contraddice l'ipotesi iniziale (che la domanda di moneta sia aumentata). Quindi abbiamo ridotto all'assurdo il ragionamento keynesiano.

Quindi, anche in presenza di salari rigidi, il ragionamento è sbagliato.

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Riassumendo: abbiamo ottenuto che, se aumenta la domanda di moneta, non è vero che la disoccupazione aumenterà. Infatti, se aumenta, significa che l'offerta di lavoro non è aumentata, e quindi che la domanda di moneta non è aumentata. Il che contraddice l’ipotesi.

Esprimiamo tutto questo senza usare il concetto di domanda di moneta, e tornando al vecchio concetto (equivalente) di “smettere di spendere soldi”. Abbiamo dimostrato che, se la gente spende meno, non è vero che la disoccupazione aumenterà. Infatti, se la disoccupazione aumenta, significa che l'offerta di lavoro non è aumentata; quindi la domanda di moneta non è aumentata. Ma questo implica che la gente non sta spendendo meno, il che contraddice l’ipotesi.

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Quindi, se la gente spende meno durante una recessione, questa non può essere una causa della recessione, ma può essere al massimo una conseguenza.

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[1] In inglese “hoarding”, che si traduce con “fare incetta di soldi”, o “accatastare soldi”, come fa Zio Paperone.
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